In architettura la scelta del colore si muove tra conoscenza oggettiva e libertà espressiva: proprio come un qualsiasi artista, l'architetto deve cercare nella legge lo strumento per liberare la propria creatività, tenendo conto anche di situazioni, esigenze e gusti personali.
Scegliere il colore ideale per un ambiente, per esempio, richiede un'osservazione attenta degli spazi (forme e luce) e dell'attività che in esso viene svolta. In linea di massima ad un ambiente molto luminoso si addicono il giallo, l'arancio, il rosso, mentre sono più affini all'ombra l'azzurro, il bluviola e il violarosso. Osservare gli spazi significa giocare con le forme e dare vita ai colori: le forme costituiscono l'occasione giusta per variazioni cromatiche. Si pensi a uno spigolo, che è il luogo naturale per accostare due colori diversi. Del resto il colore vive nel mutamento e muore nella fissità: le tecniche di colorazione più adeguate per una viva espressione del colore sono quelle che producono superfici cromatiche non piatte e non omogenee (anche se un accostamento di colori diversi su superfici piatte può allo stesso modo generare l'impressione di mutevolezza di cui uno spazio necessita). Teniamo conto di ciò, quando progettiamo una stanza... ma anche dell'uso che ne verrà fatto: una cucina, un soggiorno, una camera da letto, il laboratorio di un orafo o la sala d'aspetto di uno studio medico sono predisposti ad accogliere stati d'animo differenti, e per questo necessitano di cromie diverse. La scelta tra il numero illimitato di possibili varianti cromatiche non deve essere arbitraria, ma deve invece seguire a una precisa analisi, che prende in considerazione anche questi aspetti. Un lavoro di pensiero, per esempio, orienta la preferenza cromatica verso l'azzurro, che esprime la capacità di distacco dalla realtà.